Imparare con Bruno, imparare da Bruno

Conoscere e frequentare Bruno Munari fu un’esperienza arricchente e molto piacevole. A me non capitò mai di vederlo arrabbiato. Sempre attento, con un guizzo veloce nello sguardo che faceva sentire la sua presenza. La voce era pacata, gentile.


Non ho mai sentito Bruno parlare di banalità. Affrontava gli argomenti più disparati, ogni volta facendo emergere, quasi per caso, un qualcosa su cui, ti rendevi conto, di non aver mai “posato il pensiero”. Veramente aveva il dono di accompagnarti nel vedere tanti aspetti della realtà da più punti di vista. Tutto questo con la naturalezza che gli apparteneva e senza mai farti sentire in un qualche imbarazzo.


Averlo come Maestro fu un privilegio. Munari non faceva certo corsi, non formava nessuno (per usare un termine odierno). Con lui si dialogava assieme, si facevano delle ipotesi in merito alle sperimentazioni, si osservano gli elaborati dei bambini e si rifletteva su cosa fosse successo e su come fosse stata recepita la proposta dai bambini. I laboratori progettati da Munari erano dedicati ai bambini, solo una volta, ricordo, abbiamo realizzato- presso la Fiera di Milano- un’attività per i nonni. Era nel rapporto, nello scambio, nell’esempio, nell’invito a fare che, man mano, ognuno si costruiva il proprio sapere in merito al progetto dei laboratori che, negli ultimi anni, divenne fondante per l’artista.


Varie persone hanno collaborato con Munari in questa impresa: Tonino Milite, Coca Frigerio, Renate Eco, Alberto Munari…in occasione dei laboratori di Brera del 1977. Poi Ivana Anconelli per la ceramica, Beba Restelli che realizzò un laboratorio privato dove Bruno andava ogni anno in occasione dell’inaugurazione delle attività, Silvana Sperati che per prima sperimentò sistematicamente il Metodo nella scuola dell’infanzia…


Ciò che era chiaro, a chi collaborò direttamente con lui, era la modalità nella relazione con il bambino, il tono di voce ed il frasario -incoraggiante e sempre volto a stimolare la curiosità- la semplicità e chiarezza nel porsi, la precisa organizzazione degli spazi, la varietà dei materiali e degli strumenti, il ritmo della sperimentazione, l’adeguata progettazione di ogni incontro…


Tutto s’imparava facendo e nulla veniva lasciato al caso. Sarebbe stato impensabile allora- anche per mancanza di tecnologia- una sorta di “formazione on line” proprio perché era evidente come la condivisione, l’osservazione e la progettazione congiunta fosse un elemento essenziale in quel rapporto che vedeva da un lato un Maestro e dall’altro che si riconosceva come allievo.


Credo che raccontare oggi questi aspetti possa essere utile per avvicinarsi, almeno un poco, ad un mondo fatto di fiducia, di accoglienza e di tanti bei pensieri.